Oltre il mercato – Il sorprendente incontro con una Associazione che ha fatto proprio uno dei sogni di Chiara Lubich, l’Economia di comunione
Firenze, 28 Giugno, Chiesa di San Lorenzo. Nei locali sotto la chiesa, l’Associazione Costruttori di pace presenta ad una quarantina di persone la loro nascente impresa di ‘cibo di strada’. Li avevo conosciuti pochi mesi prima, quando mi invitarono per raccontarmi il loro interesse, o ‘passione’ (come amano dire), per l’Economia di comunione (EdC). Una associazione nata da giovani per rispondere alle esigenze di altri giovani migranti che, una volta compiuti i 18 anni di età, si trovano in una situazione di grave vulnerabilità. Hanno iniziato dapprima ad accoglierli dentro casa di alcuni di loro, poi hanno affittato un appartamento, e ora hanno creato una struttura di accoglienza nei locali della parrocchia.
I membri dell’associazione sono operai, commessi, studenti. Il presidente, Emmanuel, è un giovane italiano di genitori africani.«Abbiamo trovato l’EdC per caso, cercando su internet economie diverse, -mi dice Mauro, uno di loro- E da lì’ siamo arrivati Chiara Lubich. L’abbiamo ascoltata in video in alcuni incontri di formazione; poi, in una notte, alcuni di noi l’abbiamo sognata insieme. A uno Chiara l’ha abbracciato, senza dire nulla; ad un’altra le ha dato risposte a domande su Dio e la fede; e a me – continua un po’ commosso – ha detto una frase che non ho ancora capito: “tenete sempre Gesù in mezzo’’».
L’incontro con i Costruttori di pace è uno degli eventi più forti e veri di questi anni. Un gruppo di giovani, che si mettono a lavoro concretamente per accogliere nelle loro case altri giovani in difficoltà, che trovano da soli l’EdC e poi sognano, insieme, Chiara nella stessa notte, e lei le dice cose bellissime, le cose che ha detto molte volte a molti di noi, ma le stiamo dimenticando, perché stiamo dimenticando il desiderio di cambiare il mondo. L’economia di comunione rinasce oggi (penso al Congo, l’America Latina, e anche l’Europa) laddove ci sono persone come Emmanuel, Mauro e i loro amici e amiche. Dove ci sono persone che si mettono di nuovo ad accogliere poveri dentro le loro case. Il primo ‘mito fondativo’ dell’EdC è la Trento del dopoguerra, quando nel primo focolare spesso a pranzo si ritrovavano sulla stessa tavola ‘una focolarina, un povero, una focolarina, un povero’ – Chiara e le sue prime compagne ce lo hanno raccontato molte volte. E in quelle occasioni, dicevano, mettevano le tovaglie e le posate più belle, a dire con quel gesto semplice la dignità e il valore di quegli ospiti.
Oggi l’EdC vive e rinasce dove persone e imprenditori continuano ad accogliere persone in difficoltà ‘dentro casa’, anche se la tavola imbandita a festa sono i banconi delle officine e le mense delle imprese. L’inclusione comunitaria e produttiva è ancora il primo passo di ogni nuova esperienza di comunione, in ogni parte del mondo. «Sono andato a vivere con i nostri ragazzi ospitati», mi ha raccontato Emmanuel, perché «non potevo dire che siamo una famiglia se non andavo a vivere con loro. La vita rinasce dalla vita, quando qualcuno lascia il caldo degli incontri e del consumo di spiritualità, e si mette a camminare incontro all’altro che ci aspetta».
L’ospitalità è una virtù oggi molto minacciata in una stagione dell’Occidente che ha dimenticato i suoi valori fondativi, che non ricorda più che Isacco, il figlio della Promessa, fu annunciato da tre ospiti occolti da Abramo e Sara sotto la loro tenda nomade.
La nuova impresa EdC che sta nascendo a Firenze creerà lavoro per questi ospiti venuti dal mare, perché finché un giovane non lavora non è stato ancora veramente accolto. Ma il lavoro non nasce dal governo né dalle burocrazie, ma da chi decide di diventare imprenditore per rispondere al grido della gente della propria città. Saranno mille Emmanuel e Mauro che terranno viva l’EdC, e se noi continueremo a restare comodi nel confort delle nostre comunità, saranno gli angeli a visitarli e chiamarli in sogno.
Articolo di Luigino Bruni pubblicato su Città Nuova di Agosto 2018